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Il Premio Semplicemente Donna incanta e scuote il Teatro Mario Spina

Data pubblicazione: 01-12-2025
 

La 13ª edizione del Premio Internazionale Semplicemente Donna – Harmony Award ha riempito ieri sera il Teatro Mario Spina di Castiglion Fiorentino fino all’ultimo posto, segnando un nuovo straordinario successo per una manifestazione che, anno dopo anno, si conferma molto più di un semplice evento: un luogo di emozioni, testimonianze e impegno collettivo. La serata si è aperta con le dolci note della cantautrice Novella, capaci di accarezzare il pubblico prima di lasciare spazio a una delle verità più dure e urgenti del nostro tempo: i dati sulle donne vittime di violenza, 90 nel 2024 e 76 fin qui nel 2025, con 6 casi ancora in fase di accertamento. Un silenzio carico di dolore ha preceduto la conduzione sensibile e rispettosa di Guido Albucci e Giacomo Marinelli Andreoli, che hanno accompagnato il pubblico in un viaggio fatto di coraggio, vulnerabilità e rinascita. Al centro della serata, le protagoniste premiate e le loro storie. Storie che hanno fatto vibrare il teatro tra commozione e riflessione, racconti di vite spezzate e poi ricucite con una determinazione che insegna, consola e ispira. Tra i momenti più intensi, quelli che hanno coinvolto Alessandra Accardo e Linda Moberg, che con parole schiette e visioni lucidissime hanno ammonito sull’importanza dei segnali da riconoscere prima che la violenza si consumi, sulla necessità della denuncia e, soprattutto, sul ruolo dell’educazione. Da loro è arrivato il monito più forte e condiviso: «La prevenzione non comincia quando un femminicidio riempie le pagine di cronaca, ma molto prima, insegnando il rispetto alle nuove generazioni». Con Alessandra, il Teatro Mario Spina si è unito in un urlo liberatorio e catartico contro chi le ha fatto violenza, un gesto collettivo che ha trasformato il dolore in energia. A riempire la sala di orgoglio e ammirazione, sono arrivati gli applausi a scena aperta per Donatella Cinelli Colombini, la Signora del Brunello e dell’enoturismo italiano, fondatrice del Movimento Turismo del Vino, simbolo di imprenditoria femminile e visione, e per Adriana Santanocito, pioniera internazionale della moda etica, innovatrice che ha scelto di unire bellezza e sostenibilità. Grande calore anche per le ospiti internazionali Alganesh Fessaha, Aminatou Haidar e Latifa Ibn-Ziaten, figure che lottano per i diritti delle donne e dei loro popoli, testimoni di una battaglia che attraversa confini e culture, unite da un principio montessoriano che hanno abbracciato con convinzione: la politica può evitare la guerra, ma la pace si costruisce solo attraverso l’educazione. Il teatro ha accolto anche donne che servono lo Stato e contribuiscono al miglioramento della nostra  società in modi differenti e complementari: donne al servizio dello Stato e impegnate, come Ilva Sapora e il colonnello dell'Aeronautica Militare Emma Palombi, donne libere, come l'autrice e regista di fama mondiale Francesca Cavallo, donne ostinate, come l'allenatrice di volley Alessandra Campedelli,  che vuole portare i valori dello sport e della parità di genere nei Paesi dove i diritti femminili non sono nemmeno riconosciuti. Dopo Iran e Pakistan, Campedelli ha annunciato di sentirsi «pronta per una nuova avventura, stavolta in Africa».  Sul palco è salito anche il mondo dell’associazionismo: i giovani di Mabasta, impegnati nella lotta al bullismo, e Prevenzione Donna Onlus, che offre supporto gratuito e dignitoso alle donne colpite da tumore. Una delle testimonianze più intense è stata quella della giornalista Federica Angeli, che da dodici anni vive sotto scorta per le sue inchieste sulla mafia di Ostia. Ha raccontato con ironia e tenerezza l’episodio in cui, per proteggere l’infanzia dei suoi figli, trasformò la paura in una favola: «Sapete, la mamma ha scritto un articolo bello ed è stata premiata: da oggi abbiamo gli autisti. In realtà erano gli uomini della scorta». Una frase che ha ricordato al pubblico la delicatezza disarmante di Benigni in ‘La vita è bella’, trasformando una tragedia in uno scudo d’amore. A chiudere la serata, in un crescendo emotivo, è stato Don Maurizio Patriciello, voce simbolo della lotta nella “Terra dei Fuochi”, sacerdote che non ha mai abbassato la testa davanti alla camorra e al disastro ambientale. «All’inizio eravamo pochi a scendere in piazza, poi mille, diecimila, infine centomila: abbiamo piantato un seme e ai clan non può piacere», ha detto, strappando applausi convinti e ripetuti. Ha parlato di connivenze e responsabilità, anche oltre i confini della Campania e ha raccontato con amara ironia la condizione di Caivano e del Parco Verde, tra disperazione e segnali di cambiamento: “Ho scritto una lettera aperta al boss della camorra e l’ho incontrato anche. Nella sede del quotidiano ‘Il Tempo’. Un uomo piccolo, anziano e insignificante. Gli ho detto di tutto”. 

 

Aurelio Badolati